IO DONNA
E’ nella luce della mia mente che vedo avidi sogni di intensa realtà, la voglia di sentirmi uguale nella mia diversità.
Io nel mio sentire ritrovo emozioni antiche, di notti passate ad aspettare figli o compagni partiti in guerre o inseguendo sogni ed immagini, falsi totem del nostro non sapere mediatico.
Io non andrò in guerra, ma lei mi raggiungerà ancor più feroce, nella sua volontà di uccidermi più e più volte nell’anima e nel corpo, ferendomi là dove dovrebbe nascere l’amore.
IO amata ma odiata
IO donna rifugio ideale del tuo essere figlio e bambino
IO donna oggetto, desiderio, quotidianità
IO donna preda
IO donna madre
IO donna moglie
IO donna figlia
IO donna abusata
IO donna sola
IO donna e…
ancora donna anche dopo
il tuo pasto sulla mia nuda carne
l’indifferenza
fagocitando emozioni
nel tuo essere UOMO come animale
Testi: Angelo Pieroni
INAEQUALIA
Non uguale,
Diversa si. perché io dono la luce alla tua stirpe tra dolori e sofferenze
Diversa si. anche quando la mia anima continua a sentire come e quanto la vostra
Diversa si. ma sempre uguale nel nostro destino comune di sofferenze
Diversa si. perché di me le spoglie non cercherai dopo la guerra
Diversa si. perché sacrificabile nell’onore perduto da chi ne vuole ogni diritto
Diversa si, per il mio continuo dare ricevendo spoglie di un favore conquistato con il corpo e la mente
Diversa si, perché usarmi serve solo alla tua fantasia malata per erigere ancora falsi totem del tuo essere uomo.
Incubo, nebbia che avvolge il cervello, i pensieri vanno al futuro prossimo
mani che stringono,
frugano dentro e fuori di me,
come bambola di pezza,
inutile resistenza,
sento strapparmi l’ultima fragile difesa
voce che urla nella mia mente
la bocca rimane tappata da dita rozze
odori forti aspri di branco di lupi affamati
l’uomo scompare nell’animale trovando
il suo solo significato nella debolezza dell’ignoranza
dolore e ancora dolore, sale dalle mie cosce fino alla mente
deflorata mille e mille volte sento il loro odore sa di alcool e sudore, di sporco
lo stesso sporco che mi rimarrà addosso per sempre
il mio corpo, da cui mi allontano per rifugiarmi in quella grotta oscura
il luogo della salvezza dalla follia, dove cullare il mio sentire ferito
TU uomo padre
TU uomo da compagno a fiera
TU uomo che tradisci la tua umanità
TU uomo da paure, rifuggi condividendo false vittorie
Il vento accarezza piano la pelle mentre porta odori che riportano la mente là dove siamo nati. Le narici si aprono a riceverli, le labbra si schiudono come fiore a ricevere liquide gocce portatrici di vita.
Ecco il brivido che percorre il corpo fa inarcare la schiena, spinge avanti il bacino cedendo al desiderio dell’ospitare. Un sorriso illumina il momento mentre l’onda ingrossa e si prepara portando marosi dietro di lei, come corte ossequiosa inchinati davanti alla grandezza dell’amante perfetto.
Di lui si canta, si racconta e si narra, di calma immota e silenziosa attesa, come di urla feroci e potenza infinita.
Di lui timore e amore, proviamo in simultanea sensazione.
In lui troviamo pace se non paura. Ma sempre ci accoglie come padre, amico, amante.
Ecco, è ora, arriva quasi rallentando la corsa nell’attimo che precede la fine della corsa, come a voler pregustare infiniti attimi di passione prima dell’esplosione.
Lei getta indietro la testa, lasciando che i capelli fluttuino nel respiro dell’amante. Sente il rombo che accompagna il suo divenire, ed ecco che arrivando ai piedi del talamo, egli placa la sua forza, lasciando che la grande massa si riduca a miriadi di lingue sottili che, trascinandosi lentamente, arrivano ai suoi piedi e lambiscono le gambe, su, verso le cosce bianche e perfette, insinuandosi lentamente fino a toccare il suo fiore aperto ad accoglierle. Poi timidamente si ritirano sfiorandola piano come a voler lasciare traccia o richiesta, desiderio.
La bocca di apre piano a far uscire un sospiro e gli occhi si chiudono ad immaginare come se non bastasse l’infinito per descrivere il momento.
Sente la corte dell’amante frangersi ai piedi del talamo come coro d’invidia e rispetto. Lasciando dietro di se il richiamo al momento successivo.
E lui come a sentir quel richiamo ritirandosi si gonfia ancora e prepara nuovo attacco, possente e dolcissimo, fatto di emozioni forti e delicate.
Come se la mano grande e forte si fermasse ad accarezzare la testa di una bambina. Ecco che torna e di nuovo cerca quel contatto cosi intimo e totalizzante che sembra non lasciar spazio ad altro pensiero.
E lei lo accoglie ancora sentendone l’essenza più profonda, ascoltando il suo urlo ed il suo sussurro, lasciando che quel vento fresco passi sulle sue membra preparandola alla carezza dell’amante.
Ancora ed ancora, ma stanco esso libera nella sua donna l’anima costretta, lasciandola librare dentro e fuori dalla sua anima. Il tempo è relativo al momento e sembra fermarsi sull’attimo perfetto.
Geme anche lei come lui lasciando che i suoi sospiri alimentino l’aria e diano forza al vento stesso.
Ecco l’attimo è arrivato, piano come un onda che si frange dentro la sua mente e sommerge tutto, affoga il suo essere in un tutt’uno con il proprio amante.
Il corpo si abbandona all’ultima carezza mentre piano lui scivola via di nuovo, lasciando il proprio sapore sulla pelle intatta, rispettata, appagata…
Lei si alza piano dallo scoglio, il suo sguardo va li dove lui si è ritirato nel suo moto infinito, lui l’amante perfetto, il padre di ogni figlio, inconsapevole dio tra i mortali. Lui che con la sua forza ci incute timore e ci affascina. Lui che nelle sue acque ci accoglie con dolcezza.
E piano lei immerge le sue mani e lo saluta cosi con un ultima carezza.